3: sento qualcosa tra il cuore e lo stomaco..
S: cosa?
3: non so, è qualcosa che fa stringere la bocca dello stomaco e percepire il cuore più grande e intenso..ed ha il gusto di qualcosa che ti sfugge dalle mani…
S: mmmm, chissà, hai fame?
3: MA NOOOO, sto parlando seriamente
S: beh, la fame è un bisogno super importante…e noi abbiamo sempre fame..
3: ecco. Appunto. Non è la fame..concentrati, anzi no, non pensare troppo, respira a fondo e senti con me…
S: uffa lo sai che non mi piace questo gioco…
3: ma non è veroooo, falla finita, ti piace tantissimo questo gioco, ma solo quando vuoi tu!! presta attenzione e ascolta…
S: mmmm, tra poco danno chuck in tv, ci piace tanto quella serie tv, daiiii
3: aspetta…ci siamo quasi…
S: a cosa?
3: a sentire qualcosa…mmmm potrebbe essere… paura e giudizio!
S: ma che dici!! il giudizio non è un’emozione…
3: mmm…allora paura e dolore!
S: beh fai sempre così, tanto è una di quelle tre maledette, le impronunciabili…te ti attivi solo quando senti una di loro o due di loro o tutte assieme, io voglio sentire le altre emozioniiiii
3: aspetta, aspetta, forse ci vogliono dire qualcosa…intanto chiamiamole, magari rispondono…ehiii sei paura? Ma paura di cosa? Che pericolo dobbiamo affrontare?
S: paura del guidizio altrui, paura che quello che scriviamo sia noioso e ridondante…
3: è si quella c’è… ora proviamo di nuovo…dolore? Dolore ci sei? Dolore per cosa?
S: dolore per sentire le parti più vulnerabili di noi e per sentire di non essere abbastanza..
3: abbastanza per chi?
S: per gli altri
3: ma gli altri chi? Non siamo già in troppe qui dentro da soddisfare?
S: beh si
3: bene, allora siamo arrivati ad un punto…ci siamo già io e te qui dentro da soddisfare e stiamo sentendo paura e dolore..e cosa vogliamo fare quindi con queste emozioni che sentiamo?
S: questo lo so!! La paura si rassicura e il dolore si consola.
3: ehehe troppo facile. Ma come? Come ci rassicuriamo e come ci consoliamo?
S: io inizierei dicendoci che va bene avere un po’ di paura del giudizio, ma è anche vero che noi scriviamo per noi stesse e perchè ci permette di esprimerci e ci fa stare meglio…se a qualcuno piace e serve, ci leggeranno, se a qualcuno non piace, smetterà di leggere e andrà avanti, e va bene così.
Non siamo un bignè alla crema, non possiamo piacere a tutti!
3: puoi stare sul fatto che forse a qualcuno non piacerai ma invece a qualcuno si e soprattutto… che a te fa bene scrivere?
S: si, ok, posso starci…e per consolarci?
3: mmm ci sono tanti modi…per consolare un bambino ad esempio lo si abbraccia forte, gli si dice che gli si vuol bene, oppure gli si dà un bacino sulla bua..
S: per consolare qualcuno io gli regalerei un cioccolatino, oppure gli direi che mi piace così come è
3: a me tu piaci proprio così come sei. Funziona?
S: mmm,ehehe, se mi dai anche un cioccolatino, funziona di più

Il dialogo tra le mie parti interne mi ha sempre interessato: ricordo di molte lettere di me14enne dove si riconoscono la mie mille sara e dove la me che scrive ci parla, ci dialoga, e, anche se ancora in fase embrionale, si potevano scorgere appunto dei dialoghi tra le mie polarità. Adesso ho molte più informazioni sulle mie polarità interne e su come farle dialogare in modo catartico e trasformativo.., ma sarebbe davvero bellissimo avere la capacità di farlo come fa Zerocalcare, con quel taglio ironico, simpatico, tagliente, come solo gli artisti sanno fare (che già i conflitti interiori sono una pesata, ci manca solo di renderli ancora più complessi…)

Quindi come spiegare le polarità. Allora in realtà credo che, anche se nessuno ne avesse mai sentito parlare, leggendo i dialoghi che avete trovato sotto i miei articoli, sicuramente avrete già capito di cosa sto parlando. Leggendo quei dialoghi avete infatti già fatto esperienza di quello che accade quando lasciamo uscire le nostre polarità, e forse avrete anche sentito un sapore di già visto, già conosciuto, insieme al pensiero assolutamente condivisibile “ma questa qui è un po’ di fuori, che fa? parla da sola?”. Ebbene sì, sono tutti pensieri giustissimi e capibilissimi..

Io parlo spesso da sola, e non solo in questo momento di reclusione, ma come vi ho già accennato, già da quando ero bambina avvertivo chiaramente voci diverse nella mia testa che si confrontavano tra loro, come se avessi dentro di me tante Sara… e sono sicura che avvenga anche alla maggior parte di chi sta leggendo.
Beh, detta così sembra davvero un sintomo psichiatrico “Oh, ma questa sente le voci..” potreste pensare preoccupati e sconcertati…”ma in cosa sono incappato a leggere…certo che su internet si trova proprio di tutto…” Però non saprei a parole come spiegarlo meglio se non chiedendovi di fermarvi un attimo e di chiedervi se anche in voi avviene questo fenomeno. Sono convinta di si.
Dentro ognuno di noi ci sono parti in conflitto che desiderano e vogliono cose diverse in ogni istante della nostra vita. “Ora mi alzo e vado a mangiarmi un nutella biscuits” e l’altra “non ci pensare nemmeno sono 46 giorni che non esci di casa, non hai bisogno di tutta quella energia”. Oppure “oggi scrivo e studio per minimo 2 ore” e l’altra “Ma col cavolo.. ieri sera abbiamo lasciato a metà la maratona dei film degli X-Men…non possiamo lasciarla così”. Oppure ancora “quel tip* sedut* al bar di fronte a me è davvero carin*, ora mi alzo e l* saluto, così potremmo iniziare a parlare” e l’altra “Ma sei matta!! che figura faresti? Guardal* intensamente, verrà lui/lei/* a parlarti ed è molto meno rischioso” e così via… per ogni pensiero della giornata.

Inoltre in questi esempi la situazione è addirittura semplificata perchè le parti descritte sono in antitesi solo due alla volta, ma ce ne possono essere anche tre o più, ognuna con i propri desideri e paure, ognuna che porta le sue buone motivazioni per fare o non fare la stessa cosa. È come se aveste a che fare con molti voi stessi tutti con una propria dignità di esistere, personaggi strutturati del vostro carattere in dialogo perenne tra loro che tirano ognuno da una parte diversa per avere ciò che vogliono, e tutti hanno ragione. Un tiro alla fune faticosissimo.

Bene, queste parti in dialogo, come una pazzia accettabile ed accettata, sono state spiegate in Gestalt da Perls (che è il padre della Terapia della Gestalt) come polarità e si basano sulla fenomenologia, ovvero la teoria per la quale ciò che esiste è soltanto il fenomeno, quello che si può osservare, senza ricorrere a teorizzazioni ipotetiche, e quindi, ciò su cui si può lavorare in terapia, sono proprio queste contraddizioni interne che sono esperibili con evidenza.
È chiaro che dentro ognuno noi ci siano parti in conflitto, ed è evidente che ognuna voglia portare acqua al proprio mulino. Perls definisce queste contraddizioni come parti intrapsichiche contrapposte che nelle situazioni nevrotiche creano un conflitto paralizzante, come due cani che abbaiano l’uno contro l’altro, il top dog/persecutore impotente, contro l’under dog/vittima manipolante; queste due parti sono chiamate polarità. Durante le sedute, il terapeuta fa riconoscere al paziente l’esistenza di questa lotta interna e ne facilita il dialogo tra le parti. La migliore soluzione che ci si possa aspettare in questo conflitto è la creazione di un dialogo diplomatico tra le varie polarità intrapsichiche della persona, ma, certo, non è sempre facile!

L’autore di fumetti Zerocalcare invece fa questo lavoro terapeutico in un modo che sembra super semplice e naturale. Zerocalcare fa parlare le sue parti interne mettendole in scena nel fumetto, disegnando numerosi personaggi immaginari in dialogo tra loro. Non posso dire che è una vera e propria psicoterapia, ma il suo modo creativo di osservare le sue parti interne, per poi farle venire alla vita e metterle a parlare tra loro, crea un lavoro catartico per lui e per i suoi lettori. I lettori possono così immedesimarsi in uno o in tutti gli alter ego inventati dall’autore, e riconoscere anche dentro di loro gli stessi blocchi e gli stessi demoni che sente il protagonista delle graphic novels, processo che può essere assolutamente definito terapeutico.

(Tutti gli esempi che farò d’ora in poi sono presi dai sui libri che adoro e che ho tutti nella mia libreria) Ad esempio Zerocalcare parla con molte parti di sè, spesso parla con la sua coscienza che a seconda delle situazioni si manifesta in forme diverse: una volta diventa un’ambientalista indiana Vandana Shiva quando lo deve rimproverare per aver mangiato al mcdonald, oppure diventa lo spartano Leonida che lo incita al combattimento con le formiche che gli stanno invadendo casa, oppure diventa il professor Chomsky quando lo deve invogliare ad andare all’università. Inoltre fa parlare spesso anche i suoi mostri interni in continuo conflitto tra loro, ad esempio quando deve decidere sulla contesa di un bracciolo del treno, si scontrano il freddo automa del buonsenso contro il mostro della palude dell’orgoglio, oppure quando deve decidere se lavorare oppure no, in lui fanno braccio di ferro il demone del senso di colpa e quello dell’ansia da scadenza.

In tutti questi esempi, presenti a migliaia nelle sue storie, possiamo vedere come l’autore riesca ad usare le sue voci interne per creare dei dialoghi con dei personaggi caricaturali fantastici che gli permettono di dire cose sue personali imbarazzanti ma del tutto vere ed umane, conflitti che tutte le persone hanno al loro interno e che si ritrovano a combattere nella loro mente. La potenza di Zerocalcare sta nella chiarezza e nell’ironia con cui mette in luce il giudizio, sia il proprio verso se stesso sia il giudizio degli altri dal quale lui si siente spesso investito, e lo fa trasformandolo in maniera paradossale, scherzando su se stesso, e prendendosi un bel po’ per il culo. Questo è ciò che lo rende apprezzabile da molti, perchè ogni persona può immedesimarsi in queste difficoltà così ben sviscerate. Inoltre, seppure le tematiche siano molto profonde, il taglio del racconto è ironico e scherzoso, sempre di presa in giro di se stesso e questo avvicina ancora di più le persone, che leggendolo dicono “ma questa cosa infima di far accumulare settemila strati di sporco prima di pulire casa, lo faccio pure io, non sono solo” oppure “anche io sto sempre lì a cercare di venire fuori tra la lotta del mostro del -devo lavorare- e il demone del -solo un’altra puntata-“.

Continuando nella sua opera non ci si può esimere dal notare uno dei personaggi più fantastici del suo mondo interno, ovvero l’Armadillo. L’Armadillo rimane uno dei personaggi più interessanti e sfaccettati di Zerocalcare. È il suo alter ego più in vista, quello di cui conosciamo più dettagli. Lo accompagna dal primo libro ed è sempre con lui, cresce con lui, cambia accessori e capigliatura come Zerocalcare durante gli anni, e gli rimane sempre vicino, in dialogo continuo.

L’Armadillo è a mio parere la parte più sfrontata, più istintiva, più aggressiva di Zerocalcare. Potrebbe addirittura essere paragonato all’ES freudiano, alla parte più istintiva e collegata ai bisogni e agli impulsi primordiali e infantili. L’Armadillo è interessato ai piaceri, allo stare seduto a vedere serie tv senza preoccuparsi delle scadenze, del lavoro, degli “accolli”, come direbbe l’autore. Convince Calcare a non lavare i piatti e a lasciarli nel lavandino per correre a vedere GoT, oppure lo ferma quando Calcare deve fare qualcosa di pericoloso o di potenzialmente vergognoso, per non fargli perdere la faccia. L’Armadillo è il re degli STICAZZI, del procrastinare, del lasciare andare, del divertimento e della soddisfazione istantanea delle voglie e dei bisogni umani.

É una parte fondamentale dell’autore e, aggiungerei, fondamentale per tutte le persone.

Se non esistesse dentro ognuno di noi un Armadillo che ci insegna a lasciare andare, a non prendere troppo sul serio la vita, a non pensare solo al lavoro e agli impegni, l’essere umano si prosciugherebbe e non riuscirebbe a vivere, schiacciato dal dovere e dalla pesantezza. La leggerezza scanzonata a tratti menefreghista dell’Armadillo è quella parte di noi stessi che deve esistere e che deve essere ascoltata ogni tanto per non morire. Per questo motivo è in continua comunicazione con il protagonista, con il suo buonsenso e con la responsabilità che, anche se sono assolutamente essenziali per non diventare ectoplasmi flosci stesi in perenne apatia sul divano, risultano spesso noiose e pesanti.
Inoltre l’Armadillo è anche utilizzato per esprimere cose spiacevoli o politicamente scorrette, senza peli sulla lingua, cose che tutti pensano ma che per non risultare sgarbati e maleducati agli altri, evitiamo di dire. È un personaggio complesso, coraggioso e sincero, che mette l’autore a nudo davanti ai lettori, che ci fa vedere le sue debolezze, le sue parti aggressive, paurose, disinteressate, egoiste, tutte parti che convivono in tutti gli esseri umani ma che la maggior parte di noi si vergogna ad ammettere.
L’Armadillo rappresenta infine anche la parte tenera di Zerocalcare, la parte che ha paura, che si difende e difende il suo amico come può, dai dolori, dalla fatiche, dalle sofferenze. Lo si vede bene nel libro “La profezia dell’Armadillo” quando Calcare lo deve lasciare fuori dalla porta di camera, scusandosi, ma spiegandogli che almeno per una notte, aveva bisogno di lasciar fuori e lontano da sè per un po’ di tempo, ansie, paranoie e brutti pensieri.

L’Armadillo, però, non può essere sempre ascoltato, e questo l’autore lo sa, ma deve essere sempre lì con lui, in continuo dialogo, per far emergere i dubbi, le scelte e le decisioni che sì, devono essere prese nella vita quotidiana, ma che hanno sempre più di una soluzione, o addirittura multiple soluzioni. Non esiste infatti una unica soluzione che sia una e giusta, questa cosa non esiste e dobbiamo farci pace. A volte vince il buonsenso, altre volte vince l’egoismo; a volte vince la razionalità, a volta è bene che vinca l’emozione.

E quindi come concludere sapendo di risultare ridondante e di fare la figura di una fan sfegatata? Beh, vi dico che leggersi il blog o i libri di Zerocalcare è una vera e propria discesa nel nostro mondo interno, è immergersi in un incasinato ma ricco dialogo perpetuo di polarità, è iniziare a immedesimarsi nei nostri mostri e a fare cedere le nostre maschere. È assolutamente una base ottimale da cui partire per porsi domande su noi stessi e su quelle parti che non mostriamo spesso, che ci piacciano oppure no, di cui ci vergogniamo ma di cui non possiamo fare a meno, e quindi non posso far altro che consigliare a tutti di leggerlo.