Questo ragazzo si chiama Iñaki Coussirat, è nato a San Juan in Argentina ed è uno scalatore di montagne. Non di montagnette così per dire, ma di montagne così alte da poter essere paragonate all’Olimpo, così grandi che dalla cima puoi credere di poter toccare il cielo con un dito, così immense che a guardarle da sotto ti senti mancare il respiro. È beh, lui diciamo che ne scalava due o tre all’anno, a seconda del tempo favorevole anche di più, e diciamo quindi che poteva essere annoverato tra le super star degli arrampicatori di questa disciplina sportiva. È morto all’età di 24 anni travolto dalla caduta di una roccia durante una salita sul Fitz Roy, montagna di 3359m, uno dei suoi monti preferiti della Patagonia, che aveva già scalato altre volte, ma che il 20 gennaio del 2015 non è stata così gentile con lui.

Ora mi chiederai il perchè ti sto parlando di questo ragazzo data la mia totale e completa ignoranza sopra questo argomento, ovvero sull’alpinismo a livello professionale, io che al massimo ci sono arrivata sotto al Fitz Roy camminando per ore e pensando di aver già raggiunto la vetta più importante della mia vita. Beh, in effetti, non posso e non voglio parlare di lui e della sua passione, ho solo letto qualcosa di lui e non so nulla di cosa spinga alcune persone a fare sport tanto pericolosi. In verità anche il solo immaginarmi di scalare pareti così ripide e scoscese attaccata solo ad una corda, insieme con altri pochi compagni, o di penzolare nel vuoto e di dormire a km sopra il livello della superficie terrestre mi fa provare una tale paura e un tale terrore che realmente non riesco e non posso capire come una persona possa praticare tale sport, risultandomi quindi molto complesso immedesimarmi nella sua intenzione e nella sua spinta a fare qualcosa di così tanto glorioso quanto pericoloso.

E quindi come sono inciampata in questo ragazzo? L’ho incontrato per caso mentre camminavo in una riserva naturale ad El Calafate, in Patagonia, ma non sapevo di aver fatto la sua conoscenza. Ho trovato scritto su una lavagna di plastica appesa su di una parete di legno, una lista di frasi così belle e così significative che appena le ho viste, lì nel mezzo del niente, in una casetta di legno tra le acque di un lago bellissimo, immerso in una riserva ricca di uccelli di ogni tipo, ho dovuto subito farle una foto e mandarla alle mie amiche di classe. Quelle frasi, quelle parole, erano una delle liste di consigli o di prescrizioni, se così di può dire, che rispecchiavano al meglio il modo di pensare gestaltico, che meglio aderiva allo stile di vita e di esistenza sostenuta della terapia gestaltica che al tempo stavo studiando (e di cui mi nutro anche adesso). Alla fine di quella lista c’era scritto, “El Gordo Iñaki Coussirat”, ed inizialmente non avevo neanche capito che fosse un nome, il suo nome, il nome di un ragazzo di 20 anni, e sul momento non gli avevo dato importanza. Mi ero soffermata solo e soprattutto sul contenuto delle parole, che, tradotte al meglio che posso, dicono in questo modo:

  • Rinuncia al tuo bisogno di avere sempre ragione
  • Rinuncia alla tua necessità di avere il controllo su tutto
  • Smetti di dare la colpa agli altri
  • Abbandona i discorsi autodistruttivi
  • Smetti di lamentarti e risolvilo
  • Dimentica il lusso di criticare
  • Rinuncia al tuo bisogno di impressionare gli altri
  • Apri la tua resistenza al cambiamento
  • Dimenticati delle etichette
  • Abbandona le tue paure
  • Abbandona le tue scuse
  • Il passato, ormai è passato
  • Liberati dall’attaccamento alle cose
  • Smetti di vivere secondo le aspettative degli altri
  • Lascia da un lato le convinzioni limitate sopra chi puoi o non puoi essere, su quello che è possibile e su quello che invece credi impossibile

La potenza di queste frasi è palese, palese a chiunque le legga, e non solo la prima volta che le vedi, ogni cavolo di volta che ti ci trovi di fronte senti un’energia enorme che ti invade leggendole.
Ma quando ho capito, molto tempo dopo, chi le avesse scritte, tutto si è illuminato di una luce ancora diversa, ancora più ricca. La cosa che mi fa veramente alzare il pelo sulle braccia quando leggo queste parole, proprio come quando ti vengono i brividi quando ascolti una canzone meravigliosa che ti entra sotto pelle, è sapere che queste frasi sono state scritte da un ragazzo 20enne, ovvero sapere che tanta saggezza risiedesse in un giovane che a 20 anni sapeva già cosa fosse o non fosse importante per lui e che sapesse così chiaramente cosa volesse dalla vita. Io non comprendo, come vi dicevo prima, la volontà che lo spingesse ad arrampicarsi sulla cime più alte e pericolose del mondo solo attaccato a qualche fune e affidandosi solo a se stesso. Non comprendo come si possa fare una cosa del genere, rischiando la vita ad ogni passo, mettendosi alla prova così costantemente e duramente; io, al solo pensiero, provo una paura così profonda che non riesco neanche a immaginare me stessa lassù a guardare sotto di me il vuoto immenso, con la natura così grande e possente ed io così minuscola e impotente. Se vai a vedere in internet ci sono anche delle foto di questi ragazzi mentre si arrampicano sui pendii di queste montagne, fotografati da alcuni dei loro compagni rimasti sotto ad attenderli: sembrano delle minuscole e indifese formiche ed è realmente agghiacciante saperli lassù, in una costante situazione di pericolo, a fare una scalata quasi sovraumana, per vincere se stessi, per far diventare possibile ciò che per la maggior parte delle persone è realmente ed evidentemente impossibile.

Che dire, anche adesso, scrivendo queste righe, mi commuovo a pensarlo lassù, perchè non lo capisco, ma sento per lui una specie di grandiosa e calda invidia per il suo coraggio e per aver scelto questa via estrema per esprimere se stesso, senza compromessi, sapendo, già così giovane, cosa gli piacesse fare, tanto da farlo diventare il suo lavoro e il suo motivo per vivere. Sento anche una stima immensa per la saggezza di quello che aveva già scoperto, per queste verità espresse dalle sue parole lasciate scritte su una lavagna, pillole di una conoscenza intima e profonda di se stesso e della vita, credenze che cercava di praticare attivamente e pragmaticamente scalando montagne. E così facendo scavalcava le sue paure, non pensando a come lo giudicassero le altre persone, seguendo la sua strada verso l’impossibile, credendo in se stesso, conoscendo comunque i suoi limiti e i suoi punti deboli.

In un suo video Iñaki dice: «Cuando escalas te olvidas de todo, sos vos, la montaña, tú cordada y el respeto», “Quando scali ti dimentichi di ogni cosa, sei solo tu, la montagna, la tua cordata e il rispetto”. Beh, il rispetto è quello che sento per te giovane uomo, rispetto per la tua breve ma grandissima vita di valore e rispetto per quelle tue parole che mi hanno accompagnato nel mio viaggio in Argentina, e che tutt’ora illuminano il mio cammino. Spero nel mio piccolo, ma pur sempre importantissimo, di riuscire a seguire quelle tue parole e di prendere un po’ del tuo coraggio nell’affrontare la mia vita. Userò queste tue regole come fossero puntelli per arrampicarmi sulla mia scalata personale, mi aggrapperò con le mani e con tutte le mie forze a queste verità, che mi regalano sempre grande forza.
E lo auguro anche a Te che stai leggendo questo mio articolo, ogni tanto ricordati di questo grande giovane uomo e rileggiti le sue parole, perchè vogliono dire tanto, e perchè possono dare senso e una grande spinta anche a chi scala le montagne impervie della propria vita, per arrivare alla propria vetta, per togliere il superfluo e per raggiungere l’impossibile.

Musica consigliata –> “Anhelando Iruya” Perota Chingo

Anhelando Iruya
Espero que me recuerdes
Soy solo uno de los muchos que se van
Un viajero agradecido del cobijo, del abrigo
Que le diste aquella vez
Casi sin pedirme nada
Me mostraste tu mirada
De un mundo diferente
Es tu paso tan sereno
Es tu paz y la simpleza
Con que enseñas a quererte
Voy cerrando los ojos
Anhelando verte, otra vez
Voy cerrando los ojos
Y me parece verte, otra vez
Escondida en la quebrada
Tu capilla te delata
Y un pueblito ahí, de repente
Agradezco tu montaña
Tu sonrisa, tu mañana
Y el río grande
Vos pintaste mis pupilas
Con los colores de la vida
Y la humildad de tu gente
Y solo cuando el río
Deja pasar al que camina
Se llega a vos
Voy cerrando los ojos
Anhelando verte, otra vez
Voy cerrando los ojos
Y me parece verte, otra vez
Voy cerrando los ojos
Anhelando verte, otra vez
Voy cerrando los ojos
Y me parece verte, otra vez
Otra vez
Otra vez

Z: ogni volta questa canzone mi riporta da voi, riesco a vedervi chiaramente quando sento cantare queste ragazze
3: è si, è stupenda…mi sembra che il testo parli di una nostalgia verso la loro terra, verso quelle montagne argentine da cui adesso le cantanti sono lontane, ma che ne rimangono sempre attaccate con il cuore e la pancia…dice che se chiudessero gli occhi, potrebbero ancora vedere quelle montagne..
Z: è davvero incredibil!! non so se parlano delle stesse montagne, ma in entrambe le storie, quella dello scalatore e nella canzone, troviamo come sfondo le immense catene montuose dell’argentina…non sarà un caso..
3: queste persone ci sono nate e vissute, quel paesaggio è parte di loro, della loro storia, della loro vita, per noi è stato solo un sentire passeggero, di qualche settimana, eppure siamo state comunque in grado di sentire la potenza di quella natura, come se camminare su quelle strade, toccare quelle rocce, potesse regalarci una profonda energia… un senso di immensità, ecco si, direi così, laggiù siamo riuscite a sentire il senso dell’immensità…e adesso vorrei trovare altri luoghi che ci possano far sentire qualcosa di simile..
Z: ma non possiamo andare da nessuna parte in questa situazione, non possiamo muoverci, non possiamo viaggiare, non possiamo vedere il mondo…come possiamo trovare altri luoghi?
3: credo che potremmo provare a cercarli dentro di noi, dentro i nostri ricordi, dentro la nostra anima, immaginandoli, immaginando di tornare li, oppure ricreandoli da zero nella nostra mente..
Z: ma dai su, non sarà mai la stessa cosa, non porteranno mai la stessa soddisfazione e la stessa pienezza..
3: vabbè, ma che ci costa provare..mettiti le cuffie, siediti con me a terra, chiudi gli occhi ed immagina, li sta tutto il potere..dentro di noi c’è tutto, quello che senti è reale, sempre, anche se scaturisce da ricordi o sogni o immaginazioni..
Z: sai che forse hai ragione…mi sembra di vederlo ridere…mi sembra di vederlo scrivere quelle parole sulla lavagna, proprio prima di iniziare una scalata, un attimo prima di concludere di sorseggiare il suo mate caldo, di stringersi gli scarponcini, e di partire per una nuova avventura…
S: quindi esistono persone che anche se il loro passaggio sulla terra è breve e fugace, lasciano impronte ardenti sul loro cammino, come segni infuocati che indicano la strada per chi rimane?
3: è si…ed esistono anche luoghi esterni, fatti di profumi di erba e di fruscii di rami, di scricchiolii di rocce calpestate e di pezzi di ghiaccio che franano lentamente in acqua rompendo a malapena il silenzio circostante…e luoghi interni, che possono essere ricreati dalla somma dei pezzi delle nostre esperienze e dei nostri ricordi e che possono rivivere dentro di noi, tutte le volte che vogliamo, tutte le volte che ci prendiamo un po’ di tempo per entrare in contattato con noi stesse, cullate da una buona musica e da un bicchiere di rosso..
S: Buon viaggio allora!
Z: Buon viaggio anche a te…