Vorrei usare questo spazio per parlare di argomenti a me cari, cari alla gestalt e quindi cari all’esistenza umana stessa. E per fare questo vorrei provare ad usare vari modi: a volte sarà un mio sentire, un mio sogno, qualcosa che mi è accaduto oppure argomenti di cui ho parlato con i miei amici o le persone con cui lavoro. Altre volte mi aggancerò ad alcune parole tratte da libri da me letti che hanno acceso in me una lampadina e mi hanno regalato la possibilità di fermarmi a respirare e a sentire qualcosa. Altre volte saranno poesie trovate appese ai muri delle città, oppure poesie dedicate da persone speciali, che occasionalmente hanno inciampato nel mio cammino. Proverò poi ad associare, quando possibile, una canzone ad ogni articolo, così che possiate ascoltarla mentre leggete, così da offrirvi un’esperienza plurisensoriale.

Che dite, proviamo?

Le persone sensibili

Musica consigliata –> Spiegel im spiegel, Arvo Part
Dal libro “Bassotuba non c’è” di Paolo Nori

“Sei cambiato. [..] Sempre.
Sempre cosa, mi chiede.
Io cambio sempre, le dico.
Boom, mi dice.
Boom cosa?
Adesso sei Proteo.
No. Learco, mi chiamo.
E cambi sempre?
Sempre.
Come mai?
Secondo me è una cosa che succede alle persone sensibili.
E tu sei una persona sensibile?
Sì. Ma in modo diverso rispetto a come si intende normalmente la cosa. Che quando si dice E’ una persona sensibile, lo si dice generalmente con due significati, uno positivo e uno negativo. Quello positivo significa una persona dotata di una certa acutezza di spirito, uno che capisce le sfumature degli avvenimenti e dei comportamenti senza bisogno di parole o atti inequivocabili. Quello negativo indica una persona debole, incapace di affrontare i problemi che nascono dai rapporti interpersonali.
E tu, invece?
Io, un’altra cosa. Si dice, di uno che ha molto viaggiato o molto studiato, che ha la mente aperta. Ecco, una persona sensibile, secondo me, è una persona che ha il sentimento aperto, che ha una forte reazione sentimentale a quello che gli succede intorno. Questa persona, se vuole vivere in una società, deve imparare prima di tutto a essere flessibile. Perchè quando il sentimento è aperto, poi entra, poi entra tutto. Allora, tenere tutto dentro, non si può. Che come ci sono pensieri talmente ossessivi che se restano dentro nella tua testa ti possono far impazzire, così ci sono dei sentimenti talmente strazianti che se li tieni dentro ti si apre la pancia. Allora, se sei flessibile, la tua pancia diventa una specie di magazzino, dal quale entrano ed escono continuamente dei sentimenti.
E allora?
Allora quando entra un sentimento, nella tua pancia, ti cambia. E quando esce un sentimento, dalla tua pancia, ti cambia. E se sei stato in Russia, che la Russia alcune cose te le insegna, se sei stato in Russia sei tornato indietro con un’idea dell’esteriorità diversa, rispetto a quando non c’eri stato. Tu torni indietro che non ti importa di nascondere niente, esteriormente. Se tu vai in Russia, vestirti bene non ha più importanza. Sarà la vodka, saranno i cavoli, non lo so, so che succede così. Allora per quello poi la gente si accorge che cambi, perchè cambi sempre e non vuoi dimostrare che non sei cambiato.”

Beh.. che dire di queste pagine fantastiche tratte dal libro “Bassotuba non c’è” di Paolo Nori..ci sono talmente tanti spunti di cui poter parlare che non so da dove iniziare… questo è il primo libro che mi leggo di questo autore, ne rileggerò sicuro altri, il suo stile di scrittura molto diretto, cinematografico, come se potessi vedere immaginandomi le persone intente nel dialogo, mi ha molto coinvolto, rendendo la lettura scorrevole e intensa. È un libro che ha suscitato in me numerose emozioni contrastanti. Learco, il protagonista, è un nevrotico esemplare, a tratti tenero e woodyalliano con il quale empatizzi e vorresti coccolare, a volte ti fa così pena oppure così rabbia che vorresti solo prenderlo dalle spalle e scrollarlo con forza, “ehiiiii datti una svegliataaaa!”. Però Learco è sempre lì, umano, con le sue contraddizioni, con i suoi modi goffi, con i quali il lettore può rispecchiarsi nel bene e nel male, vedendo in lui parti di se stesso ( quindi di ognuno di noi) che piacciono e altre che invece piacciono parecchio meno.

Learco è stato lasciato dalla compagna, non è soddisfatto della sua vita relazionale e professionale e galleggia nel suo malcontento, nella sua paludosa immobilità. In queste righe che ho trascritto però emerge dalle sue parole una forza e una visione di verità che non sembrano arrivare dal Learco conosciuto durante la lettura del libro. È come se dalla palude oscura, cinica, melmosa ma spesso divertente, venisse fuori una luce, come se venisse fuori una verità semplice ma concreta che acquieta gli animi, dà pace e speranza. Da queste pagine sboccia tutta la filosofia orientale dello zen, di quanto sia buono per le persone essere malleabili e flessibili al cambiamento e quanto bisognerebbe dare molta più importanza al fluire delle emozioni. Leggendo questo libro e ancora di più in queste pagine ho trovato un po’ della mia cara Gestalt. L’autore in questo pezzo descrive in modo molto buono, a mio parere, che cosa sia una persona sensibile. In aggiunta direi che la sensibilità è una caratteristica appartente a tutte le persone in ogni momento, ma qualcuno la usa sempre, qualcuno a volte, qualcuno quasi mai…

Direi appunto che una persona sensibile è semplicemente una persona sensiente, ovvero che sente…ma che cosa sente? Beh, sente qualsiasi cosa! Percezioni, sensazioni, dettagli, grandi movimenti, sentimenti complessi, aliti di vento, profumi, ecc.. insomma sente qualsiasi vibrazione del mondo interno ed esterno da sè. Ma questa caratteristica è in dotazione dalla nascita ad ogni essere umano o è un premio casuale che qualcuno ha ed altri no? In realtà chiunque, da appena nato in poi, ha la composizione genetica di base che permette questa magia. Ma essere realmente e profondamente sensibile significa anche avere “la mente aperta” oppure,direi io, il cuore e lo stomaco aperto, avere cioè la possibilità di tenere tutto il nostro essere, la pelle, il cuore, la pancia, costantemente sull’attenti, disponibile ad accogliere gli stimoli provenienti dall’esterno per sentirli e scegliere quali immagazzinare oppure no. Questo dà il valore all’esistenza di ognuno. Inoltre, appurato che tutti abbiamo questa capacità e che sta tutto nell’usarla, nel mettersi nella posizione di orecchio teso al più piccolo suono in lontananza, l’autore ci dice anche che questo sentire ci cambia, costantemente, continuamente, in un flusso in eterno movimento.
Quello che sento mi cambia, quando avrò sentito qualcosa sarò diverso da prima di averla sentita, e la capacità di stare in questo flusso è rappresentato dalla flessibilità, come avreste sicuramente già sentito dire mille volte, come la canna di bambù che mossa dal vento non si spezza perchè si adatta al movimento.

Inoltre mi vorrei soffermare su questa frase “quando il sentimento è aperto poi entra tutto”: questa frase mi fa ricordare una lezione di una mia docente sul dolore. Il dolore è un’emozione che la maggior parte delle persone cerca di evitare, di non sentire, per paura di non reggerlo, per paura di sentirlo, perchè fa male suvvià, è ovvio. Beh si, è ovvio, e nessuno si butterebbe da una rupe rompendosi le ossa se non ne fosse obbligato, ma il dolore emotivo è un’altra storia. Il dolore emotivo passa attraverso milioni di sfumature, alcune quasi impercettibili, ma segnanti, dalle più piccoli frustrazioni infantili, ai no ricevuti, ai giudizi su di sè da parte di persone importanti o peggio ancora, da noi stessi, oppure ai giudizi che solo pensiamo (pensa un po’!) che gli altri abbiano su di noi. Il dolore di una meta non raggiunta, il dolore di aver fatto del male a qualcuno con le nostre azioni, volontariamente oppure no. Il dolore della morte di una persona cara, il dolore di una separazione o di un abbandono, il dolore di un allontanemento amicale, il dolore di una relazione amorosa conclusa. Il dolore di aver seppellito il tuo animale domestico, il dolore che il tempo passi inesorabile, e qualcosa si rimpiange e per qualcosa proviamo rimorso. Tutti questi dolori hanno sapori e colori differenti, sfumature che permettono alla nostra anima di assegnare ad ogni esperienza un grigio diverso, più chiaro, più scuro, con più blu, con meno rosso… Il problema sta nel fatto che a nessuno piace soffrire, e non gliene possiamo certo fare una colpa, ma evitando il dolore, anche il più piccolo, anche il più insignificante, inizieremo ad instaurare un meccanismo spontaneo involontario di evitamento generale di ogni tipo di dolore, chiudendo una porta importantissima. Se per svariati motivi, per paura di crollare, di perdere la propria identità, per fare i forti e i gradassi, per mostrarsi invincibili, si chiude la porta del dolore, ( e questo vale anche per tutte le altre porte di qualsiasi altra emozione), si chiude anche a tutto il resto. Il corpo umano non funziona a comando nè a compartimenti stagni, se impegni anima e corpo e tutte le tua abilità per chiudere le tue capacità sensoriali per non essere toccato dal mondo esterno, potresti smettere di sentire il dolore, ma con lui perderesti anche ogni altra sensazione…

E qui torniamo di nuovo al valore della propria esistenza: ognuno può dare qualsiasi valore alla propria esistenza, ognuno sa quanto vale per se stesso e cosa si debba fare per rendere la propria esistenza degna di essere vissuta. Inoltre per ogni persona le cose di valore saranno svariate e diverse, tante quante sono le persone nel mondo. Quindi la domanda che ognuno dovrebbe porsi è questa: preferisco non sentire più nulla, nè dolore, nè amore, nè piacere, nè rabbia, nè tristezza, oppure sto con il sentimento aperto e accolgo tutto quello che sento, appoggiandomi sul fatto che sicuramente, come essere umano, sarò in grado di reggere quello che la vita mi metterà davanti? Più semplicemente: voglio essere una roccia inscalfibile o una canna di bambù mossa del vento?

L’autore del libro poi continua la sua tesi della fluidità consigliando di non tenere tutto dentro e di far passare i sentimenti come all’interno di un grande magazzino. Come un magazzino dal quale ogni minuto partono treni diversi in altrettante opposte direzioni, uno con i vagoni pieni di sogni e speranze che va verso viaggi emozionanti, un altro pieno di ferite e tristezza, che va verso isole di consolazione e di attenzione. Tenere tutto dentro porta alla rottura della pancia…non esprimere dolori, paure, preoccupazioni, ansie, rabbie, gioie, lacera da dentro la persona e crea cisti purulente nell’anima. Stare nel ciclo del contatto, ovvero sentire ad ogni momento del qui e ora che cosa sento, lasciando che le sensazioni e le emozioni si susseguano le une dopo le altre in un flusso, permette l’autoregolazione di noi stessi ed esprimendole, in qualsiasi modo più ci aggrada, scrivendo, parlando, comunicando, ballando, cantando, dipingendo, curando, insegnando, evitiamo di produrre cisti disgustose nel nostro cuore.

Beh che dire di più, è stato davvero un pezzo illuminante del libro, dal quale mi porto via anche un fortissimo desiderio di andare in Russia e ovviamente di viaggiare, perchè, come ci ricorda l’autore, da ogni viaggio torni cambiato e non hai bisogno di dimostare che lo sei. Infine vorrei solo ricordare a tutti, ma soprattutto a me stessa, che i viaggi non devono essere per forza su treni, barche o aerei intercontinentali, ma possiamo farli anche solo leggendo due pagine di un libro, e soffermarci a sentire quello che ci ha raccontato.

S: perchè hai quell’espressione?
3:quale espressione?
S:mm non so, arricci il naso, gli occhi sono lucidi ma luminosi, muovi di continuo la bocca
3: ah sì? davvero faccio così?
S: il tuo volto sembra dire qualcosa…qualcosa dal gusto triste, ma anche buono e di amore…
3: ah quello?
S: si, sembra che stai per piangere ma col sorriso
3: credo sia la musica…
S: mmm non ti credo..cosa ti è venuto in mente?
3: parlare di tutto quel sentire mi ha fatto venir voglia di sentire anche a me
S: sembrano proprio occhi lucidi quelli…
3:e che c’è di male? Comunque, credo sia nostalgia…malinconia..ricordare di aver sentito qualche tempo fa quello di cui parlavamo prima, quando ero a scuola di specializzazione, oppure quando andavo in terapia, e ogni mese ero obbligata a stare nel flusso… Ora facciamo molto fatica a ritrovare quel sentire…mi rende triste il ricordo di un tempo che fu ed ora non è più e felice perchè avendolo provato, so come provarlo e quindi saprei anche come rifarlo..
S: e lo stiamo rifacendo vero?
3: sembra proprio che ci stiamo riscaldando…